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Giancristoforo Turri: Una sentenza di cui non c’era bisogno:a proposito della sentenza n. 198/2003 della Corte costituzionale (8.8.03)

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Una sentenza di cui non c’era bisogno (a proposito della sentenza n. 198/2003 della Corte costituzionale)

La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, del D. lgs. 286/98, sollevata dal TAR dell’Emilia Romagna, perché, a giudizio dei giudici remittenti, escluderebbe i minori sottoposti a tutela dall’aspettativa di ottenere il permesso di soggiorno, una volta raggiunta la maggiore età.

Ciò, in violazione dell’art. 3 Cost. (principi di uguaglianza e di ragionevolezza), in quanto codesti minori risulterebbero discriminati rispetto a quelli che sono semplicemente “affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n.184” e, ciononostante, possono conseguire tale permesso.

La discriminazione consisterebbe nel fatto che la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età sarebbe riconosciuta in una situazione, quale quella dell’affidamento, caratterizzata dalla temporanea privazione di un ambiente familiare idoneo, mentre sarebbe esclusa in “situazioni di definitività (quale la morte di entrambi i genitori) ovvero comunque provviste assai più dei caratteri di una certa permanenza che della provvisorietà”.

Altri giudici avevano tranquillamente esteso ai minori già sottoposti a tutela il diritto conferito a coloro che erano stati semplicemente affidati, ma i giudici del TAR dell’Emilia-Romagna non se la sono sentita di fare altrettanto ed hanno invocato l’intervento della Corte costituzionale. La quale, con una sentenza interpretativa di rigetto, ha giudicato che “La disposizione…. indubbiamente lacunosa nel mancato riferimento ai minori soggetti a tutela, può essere -se non interpretata estensivamente- comunque integrata in via analogica, sulla base della comparazione fra i presupposti e le caratteristiche del rapporto di tutela del minore e del rapporto di affidamento”.

In qualche modo, ogni volta che la Corte emette pronunce di questo tenore, si potrebbe affermare che non ce n’era bisogno. E, pur soddisfatti dell’incremento di chiarezza che esse producono, non si può non recriminare sulla denegazione di diritti consumata fino al giorno della sentenza in tutti i casi in cui la timidezza giurisprudenziale ne ha impedito l’immediato riconoscimento.

Il caso sarebbe tutto qui, se non ci si dovesse preoccupare del rilievo, già riportato, dei giudici amministrativi di Bologna, che identificavano la differenza tra affidamento e tutela nella temporaneità del primo rispetto alla tendenziale stabilità della seconda. Il motivo della preoccupazione è che la Corte costituzionale ha incidentalmente condiviso il rilievo dei giudici emiliani. Penso che si tratti di un elemento differenziale insussistente o, quanto meno, secondario e non significativo. Penso, inoltre, che la valorizzazione di tale irrilevante aspetto rappresenti un rischio per i diritti dei minori non accompagnati.

L’indicata differenza non sussiste, tantochè è l’ordinamento stesso a prevedere una tutela interinale o provvisoria in determinate e transitorie circostanze.

Le ipotesi di esercizio dei poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito da parte dell’istituto di pubblica assistenza, fino a che non si provveda alla nomina di un tutore (art. 402 codice civile, sostanzialmente confermato dall’art. 3 L. 184/83 modif. da L. 149/01) e di nomina di un tutore provvisorio sia nel caso in cui penda procedimento per l’interdizione (art. 419 codice civile), sia nel caso in cui il Tribunale per i minorenni sospenda i genitori dalla potestà nel corso del procedimento per la dichiarazione dello stato di adattabilità (art. 10 L. 184/83), sono state introdotte nell’ordinamento per evitare cesure, sospensioni, impedimenti anche temporanei all’esercizio dei diritti e, tra questi, dei diritti fondamentali dell’incapace. Esercizio, che non può essere precluso neppure per un breve periodo di tempo; anzi, neppure per un momento.

A parte ciò, ben altri e altrimenti significativi sono gli elementi che differenziaziano la tutela dall’affidamento: la rappresentanza, la generalità/specificità dei poteri che spettano al tutore e all’affidatario, l’obbligo di mantenimento, la convivenza, eccetera.

E allora perché si è voluto sottolineare la tendenziale stabilità della tutela? Non vorrei che si fosse inteso avallare l’orientamento manifestato dal precedente Governo, allorché ha introdotto, senza averne il potere, una nuova tipologia di tutela provvisoria ed eventuale, attraverso l’art. 3, comma 6 DPR. 535/99, che recita: “In caso di necessità, il Comitato (per i minori stranieri) comunica la situazione del minore (non accompagnato) al giudice tutelare competente, per l’eventuale nomina di un tutore provvisorio”.

Come se, nel caso che il Comitato ritenesse non sussistere la necessità, si potesse fare a meno di nominare il tutore. Ho già criticato tale disposizione, perchè introduce, senza averne titolo, trattandosi di fonte regolamentare, una nuova fattispecie di tutore provvisorio. Una fattispecie, oltre a tutto, difforme per ragioni e profilo dalle figure sopra citate di tutela provvisoria. Mentre queste derivano dall’accennato concetto di indefettibilità della tutela in relazione all’indefettibilità dell’esercizio dei diritti, quella viene definita “eventuale”, dunque defettibile, ed in tanto è qualificata come provvisoria, in quanto temporaneo è il soggiorno in Italia del minore non accompagnato in attesa del provvedimento di rimpatrio.

Il rischio inerente al pronunciamento del Tar e della Corte è, appunto, di avallare, almeno apparentemente, l’indirizzo, secondo cui solo in caso di duratura impossibilità di esercitare la rappresentanza legale da parte dei genitori si fa luogo all’apertura della tutela. Indirizzo che va contrastato con fermezza, perché va ribadito che neppure per un momento il minore privo della presenza dei suoi genitori può essere impedito nell’esercizio dei diritti fondamentali a causa della mancanza del rappresentante legale.

Trento, 7/8/2003 Gian Cristoforo Turri

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