AFFIDAMENTO CONDIVISO
Nota di Franco Occhiogrosso e allegato articolato redatto da Piercarlo Pazè sul testo unificato Paniz 1
1. I recenti orientamenti nella riforma che introduce l’affidamento condiviso.
Gli orientamenti della riforma relativa alla disciplina riguardante l’affidamento dei figli in caso di separazione coniugale sono tuttora fluidi, perché nel marzo scorso il testo unificato (cd. proposta Paniz), che era stato tratto da varie proposte presentate in Parlamento e che proponeva come sostanzialmente obbligatorio l’affidamento condiviso (con la sola eccezione del caso di grave pregiudizio per il figlio, nel quale era previsto il ricorso all’affidamento esclusivo ad uno dei genitori), è stato sostituito da un nuovo testo di sintesi molto più breve. Questo testo conferma l’attuale art.155 cod.civ. (con disciplina dell’affidamento monogenitoriale), ma gli affianca i successivi artt.155 bis e 155 ter cod.civ. che introducono l’affidamento condiviso, che resta obbligatorio se vi è consenso di entrambi i genitori (ed è revocabile per gravi ragioni), ma è invece facoltativo, se uno dei due dissente.
In tal caso il provvedimento deve anche indicare un centro o un esperto di mediazione che seguirà la vicenda: la decisione del giudice deve comunque avere come parametro l’esclusivo interesse della prole e la preferenza tendenziale per la realizzazione della bigenitorialità. Sulla base di questa premessa, entriamo nel merito del problema, proponendo anzitutto una breve analisi delle principali proposte di legge presentate negli ultimi due anni e facendo in tal modo il punto sui concetti di affidamento condiviso, affidamento congiunto e affidamento esclusivo. Passeremo poi alle osservazioni critiche da proporre alla comune riflessione.
2. Le principali proposte di riforma (Tarditi, Lucidi, Mantini) ed i due testi unificati (cd. proposte Paniz).
Le principali proposte di legge in materia varate nell’ultimo biennio sono quella di cui è primo firmatario l’On. Tarditi – FI - (presentata alla Camera il 30.5.01); quella dell’on. Lucidi (DS), presentata il 29.01.02, e quella dell’on. Mantini (Margherita) del 26.03.02. Da esse, e anzitutto da quella Tarditi, che è la più documentata nella relazione introduttiva, si può trarre sinteticamente il nocciolo del problema.
Partendo dalla considerazione che gli affidamenti dei figli, a seguito di separazione coniugale, sono effettuati nella stragrande maggioranza dei casi ( 90,9 % nel 1998) in favore delle madri, si è rilevato che il rapporto del figlio con il padre finisce per realizzarsi in tempi e secondo modalità tali da ridurne il ruolo a genitore del tempo libero (e non del quotidiano), quando non avviene che per effetto di un ulteriore elemento, quello costituito spesso dall’elevata conflittualità che si crea tra i genitori, il padre finisca per non avere più nessun rapporto con il figlio.
Di qui il tentativo di superare il vigente modello di affidamento, qualificato come esclusivo o monogenitoriale, alla ricerca di una diversa soluzione, quella dell’affidamento condiviso, che risulta già realizzato in molti Paesi europei e che punta ad affermare la bigenitorialità.
Ciò vuol dire che l’affidamento dei figli viene fatto in favore di entrambi i genitori, che “restano responsabili nei confronti dei figli e restano investiti dei compiti di educazione e cura, a prescindere dall’evoluzione dei loro rapporti interpersonali”. L’affidamento condiviso si differenzia dall’affidamento congiunto, che ha trovato un’applicazione modesta finora (il 3,9% del casi nel 1998), perché, attribuendo la potestà genitoriale ad entrambi i genitori, senza ulteriore suddivisione di compiti, e quindi interpretando l’affidamento congiunto come esercizio della potestà, comporta che anche le decisioni di minimo livello devono avere il nulla osta contemporaneo di entrambi i genitori, con la conseguenza che esso è stato ritenuto applicabile solo ai casi di separazione con bassissima conflittualità.
Nell’affidamento condiviso, invece, per evitare gli inconvenienti dell’affidamento congiunto, solo le decisioni più importanti, come la scelta del medico e della scuola, saranno obbligatoriamente congiunte: per il resto il giudice dovrà valutare “se il grado di conflittualità esistente permette un esercizio congiunto della potestà oppure conviene assegnare a padre e madre compiti distinti e, quindi, facoltà decisionali separate”.
Per agevolare il compito dei giudici, i progetti propongono anche l’istituzione di centri polifunzionali familiari con il compito di esperire il tentativo di conciliazione e formulare un progetto per realizzare un nuovo assetto familiare. Si prospetta anche l’idea di realizzare il “mantenimento diretto”, in base al quale entrambi i genitori sono chiamati a contribuire per far fronte alle necessità economiche: il giudice dovrà attribuire a ciascuno dei genitori distinti capitoli di spesa, lasciando all’assegno solo una funzione perequativa per il caso in cui il contributo diretto di ciascuno dei genitori risulti inadeguato.
L’affidamento esclusivo viene limitato ai soli casi d’indegnità o incapacità dei genitori.
Quanto all’assegnazione della casa coniugale, viene eliminato il possibile vantaggio economico che ciò comporta, esigendosi la valutazione economica della disponibilità della casa, di cui si deve tener conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori.
In caso di violazione delle disposizioni è prevista un’azione inibitoria per evitare il ripetersi di tali violazioni ed il risanamento del danno in favore del minore. Lo stesso regime è previsto anche per le famiglie di fatto.
I progetti Lucidi e Mantini attribuiscono al giudice la facoltà di ascoltare il minore nell’istruttoria. Il progetto Mantini propone peraltro l’affidamento condiviso nei casi di volontaria collaborazione tra i genitori separati, mentre vede nella condivisione imposta in situazioni conflittuali il pericolo che venga scaricata sui figli la permanente conflittualità dei genitori. Non impone perciò “un regime di divisione quotidiana del minore tra i genitori in conflitto, stabilendo che, in assenza di un accordo dei genitori, la decisione competa al giudice e che il genitore convivente possa assumere le decisioni non dilazionabili, salva la facoltà dell’altro di ricorrere al giudice tutelare”.
Un profilo particolarmente interessante, suggerito dal progetto Tarditi, riguarda l’analisi critica del ruolo del giudice. Egli infatti, impegnato in una rapidissima udienza presidenziale, è chiamato a decidere al buio l’affidamento senza essere in possesso di elementi di giudizio per una scelta consapevole. Il suo provvedimento provvisorio rimane poi fermo per troppo tempo per poter essere modificato significativamente in seguito (salvo situazioni gravi).
L’affidamento condiviso avrebbe il vantaggio di realizzare un sistema che mantiene entrambi i genitori in contatto con i figli; non crea né vincitori né vinti, e quindi non produce spirito di “rivincita”. Esso comporta la scelta caso per caso delle soluzioni. Da tutto ciò si deve dedurre (anche se non è esplicitamente detto) che il giudice deve essere specializzato, deve aver tempo a disposizione e che il processo non deve tendere alla ricerca di colpe o addebiti che siano: in conclusione, specializzazione, tempo pieno e superamento della ricerca di colpe e colpevoli sono il presupposto dell’affidamento condiviso. In seguito, sulla base dei progetti suindicati, si è pervenuti ad un primo testo unificato (cd. progetto Paniz) che prevede come regola generale l’affidamento condiviso, consentendo quello esclusivo solo in caso di pericolo di grave pregiudizio per il figlio (art. 155 ter).
Seguiva poi nella massima parte gli orientamenti del progetto Tarditi con una più articolata previsione di provvedimenti da assumere in caso di violazioni delle disposizioni previste (art. 709 bis).
Esso è stato sostituto di recente da un nuovo testo di sintesi (progetto Paniz 2) che lascia invece fermo, come si è detto, l’attuale art. 155 del cod. civ. e quindi l’affidamento esclusivo, fondando l’affidamento condiviso sul consenso dei coniugi e lasciando al giudice la facoltà di disporlo in tutti i casi in cui sia possibile “avendo come parametro l’esclusivo interesse della prole e la preferenza tendenziale per la realizzazione della bigenitorialità”.
E’ previsto poi l’intervento di un centro di mediazione o di un esperto di mediazione familiare in ogni caso di affidamento condiviso non consensuale. Vengono esclusi interventi sulla procedura, essendo annunciata una proposta governativa in merito.
E’ confermata infine una disciplina sanzionatoria che interviene in caso di violazioni, oltre all’estensione di tale regime alle famiglie di fatto...continua